Nocciolini di Canzo (Como)

Canzo,posto all’estremità nord del Lago del Segrino e racchiuso tra i boschi dei monti Cornizzolo, Corni, Barzeghino e Scioscia, è l’ultimo paese dell’Alta Brianza. Il territorio di Canzo conserva ancora evidenti i segni del fenomeno delle glaciazioni che lo modellarono milioni di anni fa. I ghiacciai nel loro lento scorrere verso il mare erosero il terreno trasportando enormi massi, detti massi erratici, che poi vennero abbandonati lungo il percorso. Esemplari di massi erratici si possono osservare lungo il sentiero geologico, attrezzato e ricco di segnalazioni, che da Gajum sale verso la Terz’Alpe lungo la valle di san Miro percorsa dal torrente Ravella. Un altro masso erratico, di notevoli dimensioni, denominato “sass dala prea” è posto in bilico sopra la zona di Cranno. Gli stessi laghi briantei, fra i quali il Segrino, sono di origine glaciale come peraltro dimostrano le caratteristiche e la conformazione.
Canzo, il cui nome deriva dal latino “Cantius”, si ritiene, da scoperte di reperti di quell’epoca, fosse già abitata all’Età del Bronzo; l’attuale centro storico del paese pare si trovi esattamente nel luogo dove furono edificate le prime costruzioni di allora. reperti più antichi riferibili ad insediamenti umani sono stati rinvenuti sul monte Cornizzolo e datati seimila anni prima di Cristo. I resti di una tomba a tumulo risalente all’età del bronzo, rinvenuta nei pressi del lago del Segrino, testimoniano un insediamento palafitticolo. Attorno al 1500 a.C. nella nostra zona erano stabilmente insediati  i Celti, la cui cultura nell’età del bronzo (2200–1000 a.C.) si presentava così avanzata rispetto a quella dei popoli stanziati nell’Europa occidentale da risultare vincente e inglobare le altre etnie più fragili. Ai Celti, o Galli come li chiamavano i Romani, si sostituirono questi ultimi, lasciando tracce della loro presenza soprattutto nelle strade e nei vocaboli, anche dialettali, di derivazione latina.Successivamente Canzo fece parte del Contado della Martesana, territorio utilizzato da ex legionari Romani legati al culto di Marte, ed in seguito divenne feudo del Monastero di Sant’Ambrogio. Nel 1162 Federico Barbarossa, per premiare i frati del monastero di san Pietro al Monte di Civate che lo aiutarono nella guerra contro Milano. offrì loro un vasto territorio comprendente anche Canzo, che nei secoli successivi entrò a far parte del feudo dei Visconti di Milano.
Nel 1336 nacque a Canzo Miro Paredi che, entrato in giovane età nell’Ordine dei Francescani Minori, trascorse il suo tempo da eremita sui monti che circondano il paese, in un luogo dove ora si trova un eremo a lui dedicato. Legò all’acqua i suoi doni miracolosi: i canzesi manifestano per lui una particolare venerazione e invocano il suo aiuto soprattutto nei periodi di siccità Nel 1403 i Visconti costituirono la Corte di Casale, comprendente i territori di Canzo, che ne divenne capoluogo, Caslino d’Erba, Castelmarte, Proserpio, Arzago, Campolongo, Bindella, Incasate e Mariaga. Il 15 Luglio 1472 Galeazzo Maria Sforza cedette la Corte di Casale ad Antonio e Damiano da Ello, detti “i Missaglia”, potenti ed abili armaioli che alla famiglia Sforza richiesero questo territorio per la presenza di alcune miniere di ferro, di cui resta memoria in località “la Tampa” al Roncaiolo. Risale a quest’epoca lo stemma dell’antica comunanza di Canzo, che riporta al suo interno, circondati da sette stelle d’oro, tre forni per la fusione del ferro cosiddetti “ad alveare” per la loro particolare struttura. Dopo una serie di studi storici ed una lunga trafila burocratica, nel 2002 questo stemma è stato ufficialmente adottato dalla comunità canzese con regolare decreto della Presidenza della Repubblica. Della antica dimestichezza con il ferro e dell’abilità nella forgiatura è rimasta traccia per secoli nelle molte aziende per la lavorazione delle forbici e nelle industrie dello stampaggio a caldo dei metalli.Per tutto l’arco del 1600 Canzo subì la dominazione spagnola: di questo periodo rimane testimonianza nella scritta presente nella “sala delle armi” del castello, la cui torre fu abbattuta nel 1829, che recita “Non te fidar de femina nesuna che tutte sono della casa di Maganza”. Gano di Maganza tradì i Franchi di Carlo Magno a Roncisvalle e lo scritto fa riferimento al presunto tradimento di una fantesca in servizio al castello: avvelenando l’acqua del pozzo decimò la guarnigione ivi stanziata mentre contemporaneamente gli abitanti del villaggio provvedevano ad eliminare i soldati spagnoli che, d’obbligo, ogni famiglia doveva mantenere. Storia? Leggenda? Difficile dire; quel che è certo è che nel 1667 la Corte di Casale, e quindi anche Canzo, divenne proprietà dei marchesi Crivelli che per primi affiancarono all’attività agricola l’industria serica. L’attitudine dei canzesi all’attività produttiva si era peraltro dimostrata in maniera evidente già nel 1600, quando i panni di lana prodotti a Canzo  soprattutto dai Tentorio facevano concorrenza, per qualità e prezzo, a quelli realizzati a Milano. La disponibilità di acqua come forza motrice e di campagna per la coltivazione del gelso favorirono lo sviluppo delle filande: alla fine del 1700 se ne contavano a Canzo ben sei. Agli inizi del 1800 quella di Carlo Verza annoverava 1300 dipendenti ed era la terza in Lombardia per dimensione, produzione e qualità del filato. Lo stabile, cento e più anni dopo, sarebbe stato in buona parte acquistato da Salvatore Fiume, uno dei massimi pittori italiani del novecento; l’artista si stabilì a Canzo nel 1946 adattando a studio la vecchia filanda, che dal 1952 divenne anche la sua residenza. Un’altra famiglia già presente a Canzo nel 1400, quella dei Gavazzi, dette negli stessi anni impulso all’industria della seta e non solo, tanto da occupare ancora oggi un posto di grande rilievo nel panorama imprenditoriale lombardo. In linea generale a partire dal 1600 e fino al 1850 Canzo fu considerato uno dei più ricchi e importanti centri manifatturieri dell’intera Lombardia. Tra il 1728 e il 1752, sul luogo di una più modesta costruzione, venne edificata la chiesa parrocchiale, arricchita di statue di marmo realizzate dallo scultore Elia Vincenzo Buzzi; alla costruzione e all’abbellimento contribuì in maniera sostanziale la famiglia Tentorio.
Nel 1786 Giuseppe II, figlio di Maria Teresa d’Austria, riformò la ripartizione dei territori unendo alla provincia di Como alcune terre, tra cui Canzo, da sempre appartenute al ducato di Milano. Il legame col capoluogo lombardo però non si interruppe, anzi si intensificò grazie alla costruzione, ai primi dell’ottocento, della strada cosiddetta “di Niguarda” che da Milano conduceva in Valassina e che attualmente da questa valle ha preso nome. Questa arteria favorì un flusso costante di persone, ma anche di idee, da Milano a Canzo e viceversa: tra i canzesi che trovarono in città occasione di lavoro e di prestigio citiamo, a titolo d’esempio, il pittore ritrattista Carlo Gerosa (Canzo 1805-1878), assiduo frequentatore della casa di Alessandro Manzoni la cui seconda suocera, Marianna Meda, peraltro era di Canzo.Nel 1829, per iniziativa di alcune famiglie milanesi e di quelle canzesi legate all’industria serica, venne inaugurato il Teatro Sociale. Milanese fu il progettista, l’architetto Besia, come pure di Milano fu l’autore degli affreschi della volta, il pittore Sessa; il sipario e le scenografie furono opera di Alessandro Sanquirico, scenografo della Scala. Presidente della Società del Teatro alla sua costituzione e successivamente per molti anni  fu Venanzio Sormani, industriale della seta proprietario di numerosi filatoi. A partire dal 1985 il teatro è stato sottoposto a completo restauro conservativo e a tutt’oggi ospita una regolare stagione di musica e prosa.Nel 1856 nacque a Canzo Filippo Turati, che ebbe un ruolo di primo piano nelle vicende politiche italiane, quale fondatore del partito Socialista e strenuo oppositore del fascismo, fino alla morte in esilio a Parigi nel 1932.Cesare Cantù nella sua “Storia di Como” del 1859 riporta che Canzo ha belle vie e pulite, ricchezza d’acque e fontane, caffè, teatro, musica.Verso la fine del 1800 avvennero due passaggi di proprietà relativi ad immobili siti in Canzo, che avrebbero avuto ripercussioni positive ai giorni nostri. Nel 1884 le Stelline, l’istituzione milanese che accoglieva le ragazze orfane ed aveva l’equivalente maschile nei Martinitt, acquisirono villa Meda, realizzata nel cuore del centro storico su progetto di Simone Cantoni e residenza dei conti Meda, estinti attorno al 1850.
Nel 1889 l’amministrazione comunale acquistò, dalla famiglia Gavazzi, palazzo Tentorio e alcune aree di pertinenza per insediarvi le scuole e gli uffici comunali. Mentre palazzo Tentorio diveniva a quell’epoca sede del Comune, si dovette attendere un secolo perché villa Meda diventasse di proprietà comunale: fu infatti nel 1983 che l’amministrazione allora in carica acquistò dalle Stelline tutto il comparto. Dopo un lungo periodo di restauri la villa ospita oggi numerosi appartamenti, le sedi delle associazioni canzesi, la biblioteca e altre attività istituzionali. legami con Milano si mantennero sempre vivi. Fu nel periodo di residenza nel capoluogo lombardo, agli inizi del 1900, che Magno Magni, uno dei maggiori artefici della moderna industria chimica italiana, conobbe il pittore Achille Beltrame e gli commissionò gli affreschi che ancora oggi si possono ammirare nella villa canzese, costruita fra il 1903 e il 1906. Lo stabile, dopo aver ospitato durante la guerra un comando di SS, fu acquisito dalla famiglia Rizzoli fino a pervenire all’attuale proprietà che negli ultimi anni del secolo scorso ha provveduto ad un completo restauro realizzando una struttura ricettiva di grande prestigio. raccordo con Milano ricevette infine ulteriore impulso nel 1922, con l’arrivo della tratta Milano-Canzo Asso delle Ferrovie Nord A consolidare i rapporti con il capoluogo lombardo concorre anche il fatto che la parrocchia di Canzo, pur situata in provincia di Como, appartiene alla diocesi ambrosiana. inizi degli anni settanta la lavorazione artigianale delle forbici, che contribuiva in misura notevole all’economia del paese, subì un sensibile ridimensionamento e le attività produttive dovettero cercare altri settori, sempre mantenendo la connotazione artigianale. Accanto a queste attività rimane sempre un’attitudine turistica: ancora oggi numerose famiglie milanesi mantengono la casa a Canzo e centinaia di persone lo raggiungono dalla metropoli nei fine settimana, attratte in particolare dalla possibilità di camminare lungo una fitta rete di sentieri ben curati e alla portata di ogni escursionista in un ambiente che la comunità canzese si sforza di preservare e difendere nell’interesse di tutti. Un valido contributo alla tutela, conservazione, valorizzazione e potenziamento del territorio e delle sue peculiarità è fornito inoltre dalla Comunità Montana del Triangolo Lariano, che proprio a Canzo ha stabilito la propria sede, e dal Consorzio Parco lago del Segrino.

  • DifficoltàMolto facile
  • CostoEconomico
  • CucinaItaliana

Ingredienti

  • 200 gfarina di nocciole
  • 200 gzucchero
  • 8chiare di uova montate a neve
  • 1 cucchiaiofarina bianca

Preparazione

  1. Mescolate le farine e lo zucchero, 8 chiare d’uova montate a neve, un cucchiaio di farina bianca. Mescolate bene le farine e lo zucchero, unite gli albumi montati a neve leggermente in modo che non si sgonfino. Su una lastra per il forno mettete tani mucchietti grossi come un chicco di granoturco infornate e fate cuocere a temperatura leggerissima toglieteli quando sono asciutti.

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